martedì 12 luglio 2016

Aumenta la confusione dottrinale



L'Amoris Laetitia continua ad accendere dibattiti e polemiche sulla sua interpretazione e su chi abbia più autorità nella interpretazione di questo testo che si presta a letture non solo discordanti ma opposte, è notizia recentissima che un gruppo di teologi e filosofi da tutto il mondo abbiano consegnato al Card. Angelo Sodano, decano del sacro Collegio un documento contenente una forte critica dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris laetitia (vedi qui). Nel descrivere l’esortazione come contenente “una serie di affermazioni che possono essere comprese in un senso contrario alla fede e alla morale cattoliche“, i firmatari hanno presentato insieme all’appello una lista di censure teologiche applicabili al documento, specificando “la natura e il grado degli errori che potrebbero essere imputati ad Amoris laetitia”. Con ciò “Non accusiamo il papa di eresia“, ha detto il portavoce degli autori, “ma riteniamo che numerose proposizioni in Amoris lætitia possano essere interpretate come eretiche sulla base di una semplice lettura del testo [...]“.
Ma non sono solo questi teologi che hanno espresso perplessità verso la "Amoris Laetitia" che dopo due sinodi lascia zone d'ombra problematiche e variamente interpretabili tali da creare una confusione dottrinaria superiore agli argomenti che voleva dirimere.
Nel dibattito mediatico sono entrati alcuni giornalisti cattolici che seguo con interesse e che su questo argomento arrivano ad avere opinioni diverse; personalmente mi riconosco nel commento fatto dal direttore  della "Bussola" Riccardo Cascioli, ai posteri l'ardua sentenza... intanto riporto sia l'articolo-dibattito, sia l'articolo che ha dato spunto a questa divergenza di opinioni perché credo che questi argomenti vadano discussi e divulgati nella maniera più ampia:


Schonborn, l'Amoris Laetitia e La Nuova BQ


di Robi Ronza e Riccardo Cascioli

11 luglio 2016


Caro Direttore, 

Vedo nell’intervento dell’altro ieri di Stefano Fontana a proposito di una recente intervista del cardinale Schönborn sulla corretta interpretazione della esortazione apostolica Amoris Laetitia (vedi qui) un provvidenziale spunto per risottolineare a noi stessi e ai nostri lettori che cosa è La Nuova Bussola Quotidiana.  
Come si legge in “Chi siamo”, la  dichiarazione programmatica raggiungibile dalla sua prima pagina, il giornale è opera di un “gruppo di giornalisti cattolici, accomunati dalla passione per la fede, che vogliono offrire una Bussola «per orientarsi tra le notizie del giorno», tentando di offrire una prospettiva cattolica nel giudicare i fatti: certi che l’esperienza cristiana è in grado di abbracciare e rispettare pienamente la dignità dell’uomo.
Non abbiamo posizioni ideologiche da difendere, fossero anche cattoliche: nel fluire quotidiano delle notizie vogliamo difendere e promuovere una concezione dell’uomo adeguata alla sua dignità.
Per questo nessun aspetto della  realtà ci sarà estraneo: dalla politica alle relazioni internazionali, dalle emergenze sociali all’economia, dalle espressioni culturali allo sport, tutto sarà giudicato cercando di cogliere nel particolare della cronaca il destino di ogni singolo uomo”.
È perché mi riconosco pienamente nell’ampiezza di questa prospettiva, davvero cattolica nel senso originario del termine, che ho scelto di sostenere e poi di partecipare toto corde all’iniziativa, non senza qualche piccolo sacrificio personale. Non è detto che ogni giorno si riesca del tutto nell’impresa, ma sta di fatto che in amicizia e in buona fede in ciò consiste il nostro comune impegno.
Da tutto questo consegue anche quanto comunque appare a qualsiasi lettore attento: non siamo frutti della stessa pianta. All’interno dell’orizzonte delineato in “Chi siamo” portiamo sensibilità e itinerari culturali e quindi teologici diversi. In forza di questo, e senza nulla togliere alla mia stima personale per lui e per i suoi punti di riferimento, non mi ritrovo affatto nel commento di Stefano Fontana all’intervista di cui si diceva, rilasciata dal cardinale Schönborn a padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, sulla corretta interpretazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. 
Osservo in primo luogo che, di fronte a qualsiasi questione aperta nella Chiesa, occorre non dimenticare mai che la Chiesa è guidata da Cristo, non  da qualcuno di noi, né tanto meno da noi. Sempre e in ogni circostanza Cristo ci chiede non di precederlo bensì di seguirlo; e perciò di seguire Pietro. Tenere per fermo tale dato di fatto è fondamentale per sfuggire al rischio di metterci, anche in tutta buona fede, al posto del Papa. Ciò vale per tutti: per me, per te, per ciascuno fino al cardinale Schönborn, a padre Antonio Spadaro, e a chiunque. Non accreditiamo, nemmeno negativamente, la leggenda degli interpreti autentici di questo Papa. L’unico interprete autentico di Francesco è lui stesso.
Venendo poi allo specifico dell’esortazione apostolica Amoris Letitia, dire che essa contiene dei mutamenti della dottrina equivale ad affermare che Francesco è un papa eretico. Se qualcuno intende sostenerlo che lo dica apertamente senza usare il cardinale Schönborn come…donna dello schermo. Per parte mia non solo non lo penso affatto ma ritengo che il suo magistero sia di una complementarietà esemplare e provvidenziale rispetto a quello dei suoi predecessori. Fino a lui ci sono stati papi europei, che impegnavano i non europei, eredi di culture diverse di quelle di Atene e di Roma, talvolta a specifici sforzi di comprensione. Adesso che il Papa è latino-americano, e anche della parte dell’America Latina culturalmente più lontana anche se più vicina all’Europa all’apparenza, qualche specifico sforzo di comprensione dobbiamo farlo noi. Tirando invece dal testo di un documento scritto in modo non filosofico ma narrativo, come la Amoris Letitia, conseguenze lineari secondo il modello logico della filosofia socratica si arriva a fargli dire cose che non vuole affatto dire. Se poi si applica tale metodo alle argomentazioni di presunti interpreti autentici apriti cielo.

Robi Ronza

* * *

Caro Ronza, 

ti ringrazio per questa lettera che dà l’opportunità di chiarire alcune questioni che ci stanno a cuore. Comprendo e condivido la preoccupazione che sta alla base della tua lettera e certamente il richiamo alla consapevolezza che a guidare la Chiesa è Cristo. Del resto né il sottoscritto né Fontana abbiamo mai pensato di metterci al posto del Papa. 
La coscienza che Pietro va seguito non può però essere separata dall’uso della ragione, e soprattutto la Chiesa ha sempre distinto, nell’esercizio del magistero pontificio, ciò che è infallibile da ciò che infallibile non è. Con tutto il rispetto dovuto al suo ruolo e senza metterne in discussione l’autorità, si può legittimamente criticare, esprimere perplessità o richiedere chiarimenti anche al Papa, a certe condizioni e ovviamente «su ciò che riguarda il bene della Chiesa». Non sono io a dirlo ma il Codice di Diritto canonico, anche se non mi voglio fare schermo di una norma, piuttosto vorrei usare il buon senso. 
E vengo quindi allo specifico delle tue critiche: che l’Amoris Laetitia presenti alcune parti problematiche e variamente interpretabili è evidente fin dal primo giorno, e proprio sugli argomenti di cui parla Fontana nel suo articolo. Sarà anche legato allo stile narrativo caratteristico di questo pontificato, come dici tu, fatto sta che da subito questo documento ha dato origine a interpretazioni opposte, e non certo su questioni di poco conto. La concezione della morale e il significato dei sacramenti sono due pilastri fondamentali su cui si regge l’edificio della Chiesa cattolica. 
Tanto per scendere nel concreto oggi abbiamo conferenze episcopali che invitano i sacerdoti a garantire la comunione anche alle coppie risposate, e vescovi che pubblicano linee guida in cui escludono assolutamente questa opzione. Entrambi appellandosi alla Amoris Laetitia. Ammetterai che già questo è un problema, una confusione dottrinale senza precedenti, oltretutto dopo due anni di incontri, Sinodi, discussioni infinite (vedi qui per una cronologia). Vuol dire che c’è qualcuno che crede che l’adulterio sia un male in sé – come ha sempre creduto la Chiesa - e chi pensa invece che “dipende”. Dall’inizio La Nuova BQ ha registrato le diverse posizioni, ha approfondito i temi discussi riproponendo ciò che il Magistero ha sempre insegnato, ha decisamente avversato letture della Amoris Laetitia che vanno nel senso del cambiamento di dottrina (ogni atto di Magistero – ci dice la Chiesa - va interpretato in continuità e alla luce del Magistero precedente).
Comunque fare notare questa confusione e ricordare l’insegnamento della tradizione credo sia il nostro dovere di laici e di giornalisti.
E vengo all’aspetto forse più delicato delle tue critiche, quella che definisci «la leggenda degli interpreti autentici». Anch’io sono convinto che «l’unico interprete autentico di Francesco è lui stesso», ma sarei sciocco se non vedessi che non tutte le opinioni hanno lo stesso peso. Padre Spadaro, con la sua Civiltà Cattolica, da tempo si erge a interprete autentico del pensiero di Papa Francesco, ne spiega passo passo il pontificato. E quanto al cardinale Schonborn, è stato chiamato a presentare ufficialmente la Amoris Laetitia e a questa presentazione ha rimandato esplicitamente papa Francesco rispondendo due mesi fa alla domanda di un giornalista a proposito della comunione ai divorziati risposati. 
È ovvio allora considerare un’intervista rilasciata dal cardinale Schonborn a padre Spadaro per la Civiltà Cattolica, qualcosa che ha un peso particolare. E se è corretta questa sua interpretazione allora la Amoris Laetitia presenta aspetti di discontinuità, che vanno chiariti. Il cardinale Schonborn parla di “sviluppo della dottrina”: ma se davvero la comunione ai divorziati risposati ora è possibile in alcuni casi (pochi o tanti che siano), come può esserci sviluppo rispetto alla Familiaris Consortio dove questa eventualità è categoricamente esclusa, salvo che i due vivano “come fratello e sorella” (no. 82)? Sarebbe come dire che il giallo è lo sviluppo del bianco, anziché ammettere che si tratta semplicemente di due colori diversi. Fontana, nel suo articolo, vuole spiegare proprio questo. Significa accusare il Papa di essere eretico nascondendosi dietro al cardinale Schonborn? Io non credo, proprio perché c’è una differenza sostanziale tra un testo ambiguo, e una interpretazione che fa affermazioni precise e si pretende autentica.
Ecco dunque l'ultima domanda: sono Schonborn e Spadaro interpreti autentici? Loro si arrogano esplicitamente questa funzione, tanto più in questa ultima intervista, e intendono zittire chi propone una diversa interpretazione. Se non lo sono, a questo punto dovrà intervenire la Sala Stampa a chiarirlo, come ha già fatto per altri casi. 
Riccardo Cascioli

* * *

...E sotto aggiungo l'articolo che ha dato il via...

* * *

L'insostenibile tesi del cardinale Schönborn

di Stefano Fontana

9 luglio 2016


Dell’intervista rilasciata dal cardinale Schönborn a padre Antonio Spadaro (Civiltà Cattolica) sulla corretta interpretazione della Amoris Laetitia (AL) molti sono già intervenuti, come documentato da La Nuova Bussola Quotidiana (vedi qui). Desidero qui soffermarmi su un solo aspetto, che mi sembra tra i più importanti. Il cardinale dice che l’Esortazione apostolica di Papa Francesco non contiene mutamenti della dottrina. Contiene piuttosto degli sviluppi, da cui bisogna partire per leggere anche i precedenti interventi del magistero, come dopo il Vaticano II si è partiti da esso per rileggere il precedente magistero. 
Quest’ultima affermazione è piuttosto grave, perché la verità è piuttosto il contrario, ma in questo momento mi interessa invece l’affermazione secondo cui nella AL non ci sarebbero cambiamenti di dottrina. Ora, non riesco a capire come si possa sostenere una cosa del genere. Di cambiamenti di dottrina ce ne sono, e molti. Essi riguardano la concezione cattolica della morale e la dottrina dei sacramenti, in particolare quello della comunione eucaristica. La prima cosa da fare è quindi, a mio avviso, prendere atto delle notevoli e innegabili discontinuità dottrinali. 
A proposito della visione cattolica della morale, alcune novità di Amoris Laetitia riguardano l’impostazione stessa della morale e il rapporto tra legge morale, coscienza e situazioni particolari di vita. L’enciclica Veritatis splendor (1993) di Giovanni Paolo II non presenta mai la legge morale come una astrattezza che debba venire a patti con la situazione concreta e la coscienza come lo strumento di questo compromesso. A proposito di questa visione il paragrafo 56 dice: «Su questa base si pretende di fondare la legittimità di soluzioni cosiddette pastorali contrarie agli insegnamenti del magistero e giustificare un’ermeneutica “creatrice”, secondo la quale la coscienza morale non sarebbe affatto obbligata, in tutti i casi, da un precetto negativo particolare». Credo sia difficile negare che, invece, proprio questo propone la AL, che è tutta impostata sulla pastorale del caso per caso, o del “discernimento”. La discontinuità dottrinale qui è evidente.
La Veritatis splendor sostiene con chiarezza che è possibile conoscere e valutare secondo la morale situazioni oggettive di peccato, che è cosa ben diversa dal giudicare i peccatori. Questo invece viene negato dalla Amoris Laetitia, secondo la quale fermarsi alla situazione oggettiva sarebbe applicare una morale astratta che non si cura di conoscere la situazione reale e concreta delle persone. La differenza è enorme e riguarda i termini della valutazione morale delle azioni. L’importanza dell’oggetto materiale dell’azione morale in ordine alla valutazione morale dei comportamenti umani passa in assoluto secondo piano (si veda, per esempio, il n. 298).
Il divieto dell’adulterio è da considerarsi un precetto morale negativo a carattere assoluto, come dice il Catechismo al n. 1756. La dottrina delle azioni intrinsecamente cattive (intrinsece mala), verso le quali la coscienza non ha margini di discernimento, perché si tratta di “atti non ordinabili a Dio”, è definita dalla Veritatis splendor nei paragrafi 67, 78, 79, 80. 81, 82, e dal Catechismo al n. 1761. L’Amoris Laetitia, però, nega che l’adulterio sia un atto intrinsecamente cattivo e nega l’esistenza stessa di atti intrinsecamente cattivi. Tanto è vero che dispone nei confronti dei divorziati risposati la possibilità di un discernimento pastorale per l’accesso all’eucarestia ed esplicitamente afferma che «è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (305).
Questo ultimo punto elimina la nozione di “peccato mortale” che la Veritatis splendor invece ribadiva nella tradizionale distinzione con il peccato veniale (nn. 69, 70). Il peccato mortale, vi si legge, c’è in tutte le «disubbidienze ai comandamenti di Dio in materia grave». Quindi anche nell’adulterio in caso di secondo matrimonio dopo il divorzio. Ammettere la possibilità dell’accesso all’Eucarestia per i divorziati risposati è quindi in discontinuità nei confronti della dottrina cattolica del peccato. 
In nessun luogo dell’insegnamento della Chiesa si dice che il sacramento, come per esempio quello del matrimonio, è un “ideale” da raggiungere, come invece si dice nella Amoris Laetitia. Qui le cosiddette situazioni “irregolari” sono presentate come una forma inadeguata rispetto alla pienezza del matrimonio. Nei confronti delle persone in esse coinvolte, quindi, sarebbe possibile agire per valorizzare gli elementi positivi piuttosto che condannare quelli negativi. Ma il matrimonio non è un ideale da raggiungere, come i peccati non sono “fragilità” o forme impefette di bene.  
Nella Amoris Laetitia ci sono molte concessioni a teorie morali che la Veritatis splendor condannava, come per esempio quella della “opzione fondamentale” o il consequenzialismo. Si fa in qualche modo riferimento alla teoria dell’opzione fondamentale quando si sostiene che la scelta per una azione intrinsecamente cattiva non è di per sé sufficiente a rompere il rapporto con Dio. Come se questo fosse garantito appunto da una opzione fondamentale che può continuare a sussistere al di sopra delle nostre scelte particolari. Ci si riferisce al consequenzialismo quando si assegna all’intenzione dell’agente il ruolo di entrare come oggetto formale assieme all’oggetto materiale nella definizione dell’oggetto morale in quanto tale. 
Questi non sono che pochi cenni su un problema oggettivo. La Amoris Laetitia è anche un insegnamento dottrinale e molte delle dottrine presentate sono diverse in modo rilevante da quella fino ad allora insegnate dalla Chiesa. È un esercizio spericolato sostenere che la Amoris Laetitia sia uno sviluppo della Veritatis splendor, quando la contraddice su molti e importanti punti. Per cui, ripeto, qualsiasi altra valutazione dovrebbe partire da questo riconoscimento dovuto, che però il cardinale Schönborn, ed altri con lui, nega.


Nessun commento:

Posta un commento

Tutti i commenti sono benvenuti tranne quelli offensivi