venerdì 19 agosto 2016

Sono stata abortita ma... con me non ce l'hanno fatta

Qualche giorno fa ho visto questo film:



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Bellissimo! Il titolo? Octoberbaby! La trama? Guardatelo!
No! no! qualcosa devo dire! Intanto quello sopra è il trailer ovvero il filmato promozionale, il film completo io l'ho trovato su: vedi qui e anche in un altro paio di siti, ma tanto basta.

Il film si collega all'evento centrale della vita di Gianna Jessen che è magistralmente raccontato dalla stessa protagonista in un discorso pronunciato nel 2008 nella Queen’s Hall – Parlament of Victoria – Melbourne (Australia):

“Sono stata abortita quando sia la mia madre biologica che il mio padre biologico avevano 17 anni. Mia madre era al settimo mese di gravidanza quando si rivolse al “Planned Parenthood”, il più grande ente abortista al mondo. Le consigliarono un aborto salino tardivo; si inietta una soluzione salina che corrode il bambino nel grembo materno. Questo viene partorito morto nelle successive 24 ore. Ma con grande sorpresa di tutti non sono arrivata morta, ma viva, il 6 aprile 1977, nella clinica abortista della contea di Los Angeles. Una cosa stupenda sul perfetto tempismo del mio arrivo è che il medico abortista non era ancora in servizio, così non ha potuto terminare il suo progetto sulla mia vita, ovvero la mia morte. So di parlare in un ufficio governativo; amo il vostro Paese quanto amo il mio, ma so che di questi tempi è politicamente MOLTO scorretto nominare Gesù Cristo in un luogo pubblico, metterlo in mezzo in questo tipo di riunioni, perché il Suo nome può causare ad alcuni un tremendo disagio. Ma io non sono sopravvissuta per mettere le persone a proprio agio… sono sopravvissuta per agitare un po’ le acque. E mi piace molto farlo. Sono stata partorita viva, come già detto, dopo 18 ore. Dovrei essere cieca, ustionata. Dovrei essere morta. Ma non lo sono. Una bellissima rivincita è il fatto che il medico abortista dovette firmare il mio certificato di nascita, così so chi é. Chiunque esanimi le mie carte può leggere: “Nata per aborto salino”… ah! Non hanno vinto!
Ho fatto qualche ricerca sull’uomo che tentò di abortirmi. Ha la più grande catena di cliniche degli Stati Uniti, che rende 70 milioni di dollari all’anno. Lessi una sua intervista anni fa, e diceva: “Ho abortito più di un milione di bambini, la considero la mia passione.” Vi dico questo, cari signori, perché siamo in un’interessante battaglia. Che lo sappiate o meno, è in corso una battaglia tra la vita e la morte. Da che parte state VOI? Così un’infermiera chiamò un’ambulanza e mi trasferirono in ospedale, ed è un miracolo. La pratica comune allora - e fino al 2002 nel mio Paese - era di sopprimere i sopravvissuti all’aborto per strangolamento, soffocamento, o lasciandoli morire o buttandoli via. Ma il 5 agosto 2002 il mio amato presidente Bush ha firmato la legge di “Protezione dei nati vivi”, affinché questo non accada mai più. Vedete, noi facciamo sul serio. Io spero di essere odiata prima di finire questa vita, così, quando sarò presso Dio, saprò cosa significhi essere stati odiati. Lui, Cristo, venne odiato. E non mi fa piacere, ma so di essere già odiata, perché proclamo la vita, io dico “non mi avete avuta, l’olocausto silenzioso non ha vinto su di me.” Fra le altre cose, la mia missione è anche questa: infondere umanità in un dibattito che abbiamo archiviato, messo sugli scaffali. L’abbiamo chiamato “una questione”, abbiamo rimosso i sentimenti, ci siamo induriti. E’ veramente questo che volete? Quanto siete disposti a sopportare e a rischiare per proclamare la verità, nell’amore e nella grazia, facendovi avanti, disposti almeno a farvi odiare? O forse siete voi il problema? O io? Così, mi misero in una prima casa d’accoglienza, dove decisero che non gli piacevo. [ironica] Non so come si possa non adorarmi a prima vista! Che strana gente! Sono stata odiata fin dal concepimento da così tanti, ma amata da molti di più. Ma più di tutti da Dio. Sono la Sua bambina. La bambina di Dio non si tocca! Sulla mia fronte c’è scritto: “Trattatemi bene, perché mio padre è padrone del mondo.” Così da quella casa mi trasferirono a un’altra, bellissima, la casa di Penny. Avevo 17 mesi, 14 chili di peso morto, e quello che chiamo il dono della paralisi cerebrale, per la mancanza di ossigeno al cervello mentre lottavo per sopravvivere. Ora, mi sento obbligata a dire questo: se l’aborto riguarda solo i diritti della donna, come la mettiamo con i miei diritti? Nessuna femminista radicale manifestava per i miei diritti, quel giorno. La mia vita veniva soppressa in nome dei diritti della donna. Io non soffrirei di paralisi cerebrale se non fossi sopravvissuta. Quando sento l’orribile e disgustoso ragionamento che dovremmo abortire i bambini perché a rischio di disabilità, il mio cuore si riempie di orrore… Cari Signori, ci sono cose che si possono imparare solo dai più deboli tra noi. Se li sopprimete siete voi a rimetterci. Il Signore avrà cura di loro, ma voi soffrirete per sempre. E che arroganza, assoluta arroganza! E’ stato un tema a lungo sostenuto in questo nostro mondo che il forte dovrebbe dominare sul debole, stabilire chi vive e chi muore. Non vedete l’arroganza? Non capite che non potete nemmeno far battere il vostro cuore, non capite che tutto il potere che credete di avere non lo possedete affatto. E’ la misericordia di Dio che vi sostiene! Anche quando Lo odiate. Così la gente diceva alla mia Penny “Gianna non sarà mai nulla.” Molto incoraggiante… lei decise di ignorarli, lavorava con me tre volte al giorno. Riuscivo a sollevare la testa e, per farla breve, a tre anni e mezzo camminavo con il deambulatore e i tutori, ora sto in piedi -zoppico un pochino - senza deambulatore e senza tutori. A volte cado elegantemente, altre volte meno elegantemente, dipende dalle situazioni. Ma è tutto per la gloria di Dio. Sono più debole di voi, ma questo è il mio discorso: è un piccolo prezzo da pagare per poter appiccare il fuoco nel mondo come sto facendo, e offrire speranza. Nella nostra incomprensione di come vanno le cose, ci sfugge quanto può essere bella la sofferenza. Non che me l’andrei a cercare, ma quando arriva ci dimentichiamo che Dio ha il controllo e che è capace di rendere belle le cose più miserabili. Ho incontrato la mia madre biologica. L’ho perdonata. Sono una cristiana. E’ una donna distrutta. Venne ad un mio incontro due anni fa, si alzò e disse: “Ciao, sono tua madre.” Fu un giorno difficile, ma mentre sopportavo la situazione - voi penserete che sono stupida - io stavo lì e pensavo: “Io non ti appartengo. Io sono di Cristo, sono la Sua bambina, e sono una principessa. Qualunque cosa tu dica nella tua amarezza, nella tua rabbia, non è un peso per me, e non lo porterò.” Dicevo queste cose dentro di me. Avete un’opportunità, vorrei parlare agli uomini in sala, una cosa che non si fa mai. Uomini, voi siete fatti per la grandezza. Voi siete fatti per alzarvi ed essere uomini. Siete fatti per difendere donne e bambini, non per farvi da parte e voltare la testa quando sapete che è in corso un omicidio, e non fate niente. Non siete fatti per usare la donna e poi abbandonarla. Siete fatti per essere gentili, grandi, aggraziati, forti, per prendere posizioni. Ascoltatemi. Sono stufa di fare il VOSTRO lavoro. Donne, voi non siete fatte per essere abusate, non siete fatte per starvene lì e ignorare il vostro valore. Meritate che si combatta per voi, sempre. Ora è il vostro momento: che tipo di persone volete essere? Immagino: straordinarie. Immagino: che siano all’altezza. Ai politici in sala, in particolare agli uomini: siete fatti per la grandezza, mettete da parte la politica. Siete fatti per difendere il bene e la giustizia. Questa ragazza vi dice: è il vostro momento. Che uomini volete essere? Uomini preoccupati solo per la loro gloria, o uomini preoccupati per la gloria di Dio? Dio vi aiuterà, sarà con voi. Voglio finire con questo: alcuni potrebbero essere seccati dal mio parlare di Gesù, ma come posso andarmene zoppicando per questo mondo e non dare tutto il mio cuore, mente, spirito e forza al Cristo che mi ha dato la vita? Se pensate che sia sciocca è solo un gioiello in più per la mia corona. Il mio unico scopo nella vita, è far sorridere Dio. Spero di aver detto qualcosa di sensato. Mi è venuto dal cuore. Dio vi benedica e protegga.”





giovedì 18 agosto 2016

Nel Tabernacolo é l'Emmanuele il "Dio con noi"



Il tabernacolo è un edicola o nicchia chiusa in cui, nelle chiese cattoliche, si custodisce la pisside con l'Eucaristia, con lo scopo di adorarla e averla disponibile per la comunione eucaristica fuori della Celebrazione eucaristica. Il tabernacolo è il cuore vivente di ciascuna chiesa; una chiesa senza presenza eucaristica è in qualche modo morta, anche se invita alla preghiera. "La santissima Eucaristia conservata perennemente nelle chiese dà carattere di perennità al Sacrificio incruento dell'altare". Infatti Cristo, anche dopo l'offerta del sacrificio, allorché viene conservata l'Eucaristia nelle chiese o negli oratori, è veramente l'Emmanuele, cioè il "Dio con noi". Giorno e notte resta in mezzo a noi, e in noi abita, pieno di grazia e di verità. L'altare e il tabernacolo sono inseparabili, almeno in linea di principio. Questa affermazione, che a prima vista potrebbe creare difficoltà, è in realtà teologicamente fondata. L'altare è il luogo santo sul quale si compie in modo sacramentale il Mistero pasquale della Redenzione; esso è anche il simbolo più qualificato, che esprime con la sua stessa struttura le tre dimensioni del Mistero che su di esso si compie:
- esso, con la sua dignità e centralità, è il segno di Cristo presente nella Chiesa quale Capo dell'assemblea liturgica;
- come ara in pietra ed elevata richiama il Sacrificio della Croce, attualizzato nella celebrazione dei santi misteri;
- la sua mensa ricoperta con la tovaglia ricorda il sacro convito in cui ai fedeli è dato il Pane santo della vita eterna e il calice dell'eterna salvezza.
L'altare porta quindi impresse su di sé in maniera simbolica le coordinate fondamentali dell'Eucaristia. Separare dall'altare il Sacramento a celebrazione conclusa crea per sé qualche disagio, sia all'altare come al tabernacolo, come se l'altare improvvisamente si spegnesse e la sua vita passasse al tabernacolo. Se nell'antichità l'altare era l'incontestato luogo sacro al quale tutti si volgevano durante e dopo la celebrazione (il Sacramento era custodito nella sacrestia), con il tabernacolo in chiesa, ma separato dall'altare, si crea una bipolarità, che dopo la celebrazione va decisamente a favore del tabernacolo, perché i fedeli, istruiti dal dogma della fede, si volgono alla realtà (l'Eucaristia custodita nel tabernacolo), lasciando in disparte il simbolo (l'altare). Ma anche il tabernacolo subisce danno dalla separazione dall'altare. Se esso infatti richiama certamente e soprattutto la presenza reale di Cristo nel Santo Sacramento, non ne esprime altrettanto l'aspetto di sacrificio, che non abbandona mai l'Agnello immolato e glorioso; neppure ne esprime la forma di convito, che rimane insita nel Sacramento, il quale, prima o poi, dovrà essere assunto nella comunione. L'altare è quindi il miglior interprete del tabernacolo, perché garantisce l'espressione simbolica di tutti gli aspetti del Mistero in esso racchiuso, e aiuta il fedele che in esso cerca Cristo a percepirne adorante la Presenza, a unirsi al suo Sacrificio e a nutrirsi degnamente del suo Corpo e del suo Sangue.
Esistono varie tipologie di tabernacolo:
Architettonico: tabernacolo posto al centro dell'altare 
A tempietto: tabernacolo costituito una struttura a sé stante
Monumentale: tabernacolo poggiante su un piedistallo che costituisce una struttura isolata
Pensile: tabernacolo sospeso con catenelle sopra o presso l'altare;
Portatile: tabernacolo utilizzato per le celebrazioni liturgiche a carattere provvisorio o qualora non sia possibile usare l'altare fisso.
Il tabernacolo può essere realizzato in marmo, pietre dure, bronzo, legno dipinto o dorato, ecc. L'interno deve essere rivestit di materiale che respinga l'umidità, dorato e foderato di seta bianca (rossa nel rito ambrosiano). Quando sono presenti le sacre specie, la fronte di tabernacolo deve essere coperta dal canopo. fonte: vedi qui


Quello che segue è un'estratto da una intervista allo storico della Chiesa prof. Pier Luigi Guiducci:

Nell’attuale periodo storico, in più diocesi italiane (ma anche all’estero) si registra un dibattito sulla conservazione delle ostie consacrate, al termine del Sacrificio Eucaristico. Per una lunga fase temporale, le Sacre Specie sono state conservate in un tabernacolo posto in posizione preminente nel presbiterio. Prima, sopra l’altare maggiore, poi – quando l’altare è stato rivolto verso l’assemblea dei fedeli – sempre in un luogo centrale, poggiato su un’apposita mensola. In tempi recenti, un sempre più alto numero di persone si sta accorgendo che, specie nelle chiese di recente costruzione, è posto al centro del presbiterio esclusivamente l’altare, mentre il tabernacolo è messo da parte, posizionato altrove. In alcuni casi a troneggiare è la sedia del presidente dell’assemblea (quasi una “cattedra”), mentre il tabernacolo è posto sopra una colonnina a destra, in posizione defilata e con scarso decoro (esiste poi, semi-nascosta, una cappella dell’adorazione). In altre situazioni, il Santissimo non è conservato nel presbiterio, ma è collocato al di fuori, in un luogo diverso (cappella, altare laterale, struttura di tipo monumentale). A questo punto, tra i fedeli, sono sorti molti interrogativi. Perché il Santissimo non si trova più nel presbiterio? Perché nel presbiterio troneggia la sedia del celebrante? Su quanto abbiamo riportato esiste disorientamento, e non mancano criticità mal dissimulate. Per tale motivo ci siamo rivolti a uno storico della Chiesa rivolgendogli vari quesiti. Queste le risposte fornite dal prof. Guiducci:
D. Il tabernacolo aveva storicamente delle caratteristiche?
Sì. Molto importanti. Una prima caratteristica era la centralità del tabernacolo. Presso il popolo di Israele si trattava di un santuario che si poteva trasportare. Accoglieva l’Arca dell’Alleanza (in ebraico ארון הברית, ʾĀrôn habbərît). All’interno dell’Arca erano contenuti i dieci Comandamenti, la verga di Aronne fiorita, e la manna. Il tabernacolo veniva eretto nel deserto. Accompagnava gli israeliti nel loro esodo, dopo l’uscita dall’Egitto. Ne avevano cura i membri della tribù di Levi (Leviti). In seguito, con l’entrata nella Terra Promessa, fu sostituito dal Tempio (Gerusalemme).
D. Perché era centrale il Tabernacolo?
Perché richiamava alla Presenza di Dio. In pratica: il Signore non guarda dall’alto, come uno spettatore il suo popolo, ma lo accompagna. Ne condivide i vissuti.
D. Oltre la centralità, esistevano altre caratteristiche del tabernacolo?
Sì. La sua disposizione grafico-spaziale, simboleggiava (schema geometrico) anche la creazione, la struttura del cosmo, la storia futura del popolo d’Israele fino all’età messianica, il tempo del “regno dei cieli”.
D. Il Cristianesimo ha ripreso il concetto di dimora…
Sì. Certo. Ovviamente in altri termini. La riflessione sulla reale Presenza di Dio nel pane consacrato pose un’esigenza: era necessario individuare un luogo di adorazione. Nei primi secoli, in genere, le Sacre Specie erano tutte consumate dai presenti durante la celebrazione eucaristica. In seguito, le Chiese locali divennero territorialmente molto vaste. Dopo la Messa restavano ancora delle Specie Eucaristiche. Si decise, ovviamente, di tutelarle in ambienti adatti ad assicurare una protezione da profanazioni. In seguito, intorno al XII secolo, cominciarono ad essere costruiti dei tabernacoli. Non vennero mai considerati dei contenitori, ma dei “troni” eucaristici. Cioè, dei punti centrali di tutto l’edificio di culto.
D. Quindi, nel tabernacolo, Cristo-Eucaristia dimora…
Ovviamente il Signore Gesù è presente in ogni angolo dell’universo. È nel cuore di ogni persona. Però, certamente, nel tabernacolo esiste la Sua reale Presenza. Non la memoria, il ricordo, il segno, l’emblema, ma la Presenza. Per tale motivo, tutte le chiese vennero edificate con un disegno che direttamente e indirettamente riconduceva alla centralità del tabernacolo. Cioè alla Presenza di Dio. È vero che per un lungo periodo fu possibile celebrare Messe negli altari laterali, ma ciò non mutò mai la centralità dell’altare maggiore e del tabernacolo…
D. E con riferimento al tabernacolo?
Per secoli si è insistito giustamente su una esposizione velata. E anche in canti eucaristici torna questa linea. Attualmente, si ha l’impressione che emerga un linguaggio che accentua principalmente il concetto di custodia, di mera conservazione delle particole consacrate, di “riserva eucaristica”.
D. Ci sono delle conseguenze?
Beh, tenga conto che il fedele – quando entra in una chiesa moderna – sovente neanche si accorge dove sta il Santissimo Sacramento. E, nella migliore delle ipotesi, va alla ricerca del lumicino rosso che avverte della Presenza del Signore. Quando, poi, questi lumicini, sono tenui (o la chiesa non è illuminata), non è facile individuare il tabernacolo.
D. Prof. Guiducci, qualcuno ha scritto che le moderne chiese sono grandi, sono dispersive, sono fredde, non aiutano la concentrazione. Meglio una cappella dell’adorazione…
Vede, qui bisogna essere chiari. Intanto, molte chiese moderne (che ben conosco) sono inadatte alla loro funzione perché “brutte”, incapaci di comunicare la sacralità del luogo. Alcune sembrano casermoni. Altre rimangono vicine a dettami estetici poco liturgici. Altre potrebbero tranquillamente ospitare un incontro di boxe, in considerazione del disegno geometrico… Ora, noi stiamo parlando di chiese cattoliche. Non di aule assembleari. Non di ambienti per manifestazioni culturali. Allora, se parliamo di chiese, dobbiamo tornare al perché storico della chiesa. La chiesa è la Casa di Dio, ove i fedeli adorano, lodano, ringraziano e invocano singolarmente e comunitariamente il Signore Risorto, Dio della Vita e della Storia. La conclusione è semplice. Se la chiesa è la Casa di Dio, allora è tutta la struttura che è al servizio dell’adorazione divina e non il contrario. Non è la liturgia che in qualche modo si deve adeguare all’astrattismo di alcuni architetti, ma è la creatività umana che deve essere capace di ricondurre sempre a un punto centrale. Ove è collocato l’altare del Sacrificio e il tabernacolo con il Cristo Risorto.
D. Possiamo trarre qualche conclusione?
Non è semplice. Comunque si può affermare, da una parte, che il fedele deve rimanere attento alle indicazioni che riceve dall’autorità ecclesiastica. Dall’altra, si può forse accennare al fatto che in taluni luoghi di culto si osserva una minore attenzione alla Presenza reale di Gesù-Eucaristia. Lo si denota in tante piccole situazioni. Osservando, ad esempio, alcune celebrazioni dell’Eucaristia emergono, in alcuni casi, realtà deboli. Ad esempio: rito della Consacrazione divenuto “celere” perché l’omelia è andata per le lunghe, o una genuflessione (gesto di adorazione) affrettata, o un distribuire l’ostia consacrata con un comportamento poco liturgico. È meglio, quindi, evidenziare solo un’idea. Inginocchiarsi davanti alla sedia del celebrante non ha senso. Ricollocare al centro dell’abside il tabernacolo, e spostare ai lati le sedie dei celebranti, sarebbe meglio. Si tornerebbe a contemplare Gesù Vivo che nell’Ultima Cena dona Sé stesso.


San Paolo a Foligno di Massimiliano Fuksas


Santo Volto a Torino di Mario Botta


Dio Padre Misericordioso a Roma Tor tre teste di Richard Meier


Ma non solo Tabernacoli decentrati o seminascosti in chiese moderne come nelle immagini soprastanti, ma anche una confusione nell'ufficio liturgico in cui non si capisce più chi deve o non deve essere "attore". Esempio di quanto esposto alcuni frammenti estratti da un articolo di: iltimone

Laici che «armeggiano» nel tabernacolo: un altro diffuso abuso. 
Solo il sacerdote lo può fare.

Pensiamo in primo luogo all'essenza dell'Eucaristia. Nostro Signore Gesù Cristo ci ha lasciato il tesoro dell'Eucaristia nell'Ultima Cena, il Giovedì Santo. La Chiesa custodisce con somma cura questo tesoro [...] I fedeli sono quindi chiamati alla corresponsabilità nella vita ecclesiale e a svolgere un servizio, anche liturgico [...] Svolgere un officio nella liturgia non è però necessario perché un fedele possa partecipare in modo attivo e fruttuoso alla Messa [...] Nessuno deve pensare che le persone che svolgono offici liturgici siano cristiani migliori [...] Detto questo, va detto che il ministro ordinato, che è il ministro ordinario della Comunione, è l'unico che normalmente può e deve aprire il tabernacolo per prendere le Ostie sacre, per prendere o portare la riserva, fare l'esposizione del Santissimo, ecc. Al termine del rito della Comunione durante la Messa, “le ostie consacrate avanzate vengano o immediatamente consumate all’altare dal Sacerdote o portate in un luogo appositamente destinato a conservare l’Eucaristia” (Redemptionis Sacramentum, 107). Gli accoliti istituiti e/o i cosiddetti ministri straordinari della Comunione non devono quindi accedere al tabernacolo, e meno che meno alla presenza del sacerdote e nel pieno della celebrazione eucaristica. Se questo accade, è un abuso che purtroppo viene concesso da alcuni sacerdoti. “L’accolito è istituito per il servizio all’altare e per aiutare il sacerdote e il diacono. A lui spetta in modo particolare preparare l’altare e i vasi sacri, e, se necessario, distribuire l’Eucaristia ai fedeli di cui è ministro straordinario” (Ordinamento Generale del Messale Romano, 98). Deve essere quindi chiaro che in genere gli accoliti e/o i ministri straordinari della Comunione aiutano a distribuire in casi eccezionali l'Eucaristia, ma non possono, quando c'è un sacerdote che celebra, aprire o chiudere il tabernacolo, né andare a cercare o riporre al termine della Comunione le ostie. “Se tuttavia il bisogno della Chiesa lo richiede, in mancanza dei ministri sacri, i fedeli laici possono, a norma del diritto, supplirlo in alcune mansioni liturgiche” (Redemptionis Sacramentum, 147). Solo in casi del tutto straordinari ed estremamente necessari, quindi, un accolito – che è un ministro straordinario della Comunione – può accedere al tabernacolo, ad esempio quando un sacerdote molto anziano non riesce a camminare e non ci sono altri ministri ordinati, o anche, in terra di missione, quando non c'è un sacerdote nella comunità e si richiede di portare la Comunione a qualche malato, fare l'esposizione del Santissimo, ma con la pisside e senza dare la benedizione, ecc. “Ministro dell'esposizione del santissimo Sacramento e della benedizione eucaristica è il sacerdote o il diacono; in speciali circostanze sono ministri della sola esposizione e riposizione, ma non della benedizione, l'accolito, il ministro straordinario della sacra comunione o altra persona designata dall'Ordinario del luogo, osservando le disposizioni del Vescovo diocesano” (Codice di Diritto Canonico, 943); quanto detto implica che in quelle circostanze speciali una persona che non sia ministro ordinato possa aprire o chiudere il tabernacolo [...] Si legga anche la Relazione di S.E.Mons. Mauro Piacenza su: La custodia dell’Eucarestia - Il Tabernacolo e la sua storia.


Da parte mia, quando entro in una Chiesa cerco con gli occhi il lumino rosso che mi indica il Tabernacolo, il primo pensiero e il primo gesto è quello di inginocchiarmi davanti a LUI e stare con LUI: l'EMMANUELE... il DIO con noi !!!