giovedì 30 giugno 2016

Inno Akathistos alla Madre di Dio





L’Akathistos è uno tra i più famosi inni che la Chiesa Ortodossa dedica alla Theotokos (Genitrice di Dio).  

L’Akathistos è un inno che si canta stando in piedi così come in piedi si rimane quando si ascolta il Vangelo, da cui la rubrica: "a-kathistos" che in greco significa "non seduti", proprio perché la Chiesa ingiunge di cantarlo o recitarlo "stando in piedi", come si ascolta il Vangelo, in segno di riverente ossequio alla Madre di Dio.

L’Akathistos non è un trattato né un’omelia: è un inno. Intende proporre il dato di fede allo spirito, per innalzarlo alla contemplazione del mistero. 

L’Akathistos è stato composto per celebrare il grande mistero della Madre di Dio e per esaltare la Madre di Dio presente ed operante nella Chiesa.

L’Akathistos è il solo Kontakion rimasto integralmente in uso nella liturgia bizantina fino ad oggi, e viene cantato il quinto sabato di quaresima, il cosiddetto “sabato dell’Akathistos”, ma forse l’autore non intendeva fornire un testo per la liturgia di un giorno, ma per la riflessione di sempre sul mistero dell’Incarnazione.

L’Akathistos consta di 24 stanze (in greco: oikoi), quante sono le lettere dell'alfabeto greco con le quali progressivamente ogni stanza comincia. Ma fu sapientemente progettato in due parti distinte, su due piani congiunti e sovrapposti - quello della storia e quello della fede -, e con due prospettive intrecciate e complementari - una cristologica, l'altra ecclesiale -, nelle quali è calato e s'illumina il mistero della Madre di Dio. Le due parti dell'inno a loro volta sono impercettibilmente suddivise ciascuna in due sezioni di 6 stanze: tale suddivisione è presente in modo manifesto nell'attuale celebrazione liturgica. L'inno tuttavia procede in maniera binaria, in modo che ogni stanza dispari trova il suo complemento - metrico e concettuale - in quella pari che segue. Le stanze dispari si ampliano con 12 salutazioni mariane, raccolte attorno a un loro fulcro narrativo o dommatico, e terminano con l'efimnio o ritornello di chiusa: "Gioisci, sposa senza nozze!". Le stanze pari invece, dopo l'enunciazione del tema quasi sempre a sfondo cristologico, terminano con l'acclamazione a Cristo: "Alleluia!". Così l'inno si presenta cristologico insieme e mariano, subordinando la Madre al Figlio, la missione materna di Maria all'opera universale di salvezza dell'unico Salvatore.

L’Akathistos nella prima parte (stanze 1-12) segue il ciclo del Natale, ispirato ai Vangeli dell'Infanzia (Lc 1-2; Mt 1-2). Esso propone e canta il mistero dell'incarnazione (stanze 1-4), l'effusione della grazia su Elisabetta e Giovanni (stanza 5), la rivelazione a Giuseppe (stanza 6), l'adorazione dei pastori (stanza 7), l'arrivo e l'adorazione dei magi (stanze 8-10), la fuga in Egitto (stanza 11), l'incontro con Simeone (stanza 12). 

L’Akathistos  nella seconda parte (stanze 13-24) propone e canta ciò che la Chiesa al tempo di Efeso e di Calcedonia professava di Maria, nel mistero del Figlio Salvatore e della Chiesa dei salvati. Maria è la Nuova Eva, vergine di corpo e di spirito, che col Frutto del suo grembo riconduce i mortali al paradiso perduto (stanza 13); è la Madre di Dio, che diventando sede e trono dell'Infinito, apre le porte del cielo e vi introduce gli uomini (stanza 15); è la Vergine partoriente, che richiama la mente umana a chinarsi davanti al mistero di un parto divino e ad illuminarsi di fede (stanza 17); è la Sempre-vergine, inizio della verginità della Chiesa consacrata a Cristo, sua perenne custode e amorosa tutela (stanza 19); è la Madre dei Sacramenti pasquali, che purificano e divinizzano l'uomo e lo nutrono del Cibo celeste (stanza 21); è l'Arca Santa e il Tempio vivente di Dio, che precede e protegge il peregrinare della Chiesa e dei fedeli verso l'ultima Pasqua (stanza 23); è l'Avvocata di misericordia nell'ultimo giorno (stanza 24).

L’Akathistos è un inno che quasi tutta la tradizione manoscritta trasmette come Anonimo. La versione latina redatta dal Vescovo Cristoforo di Venezia intorno all'anno 800, che tanto influsso esercitò sulla pietà del medioevo occidentale, porta il nome di Germano di Costantinopoli (
†733). Oggi però la critica scientifica propende ad attribuirne la composizione ad uno dei Padri di Calcedonia.

L’Akathistos riprende verbalmente alcune frasi dell’omelia di Basilio di Seleucia (†458) sulla Madre di Dio: quindi potrebbe essere posteriore ad essa, da ciò si potrebbe supporre che l’autore sia del secolo V, forse lo stesso Basilio di Seleucia.




INNO AKATHISTOS

1. 
Il più eccelso degli Angeli fu mandato dal Cielo
per dir "Ave" alla Madre di Dio.
Al suo incorporeo saluto
vedendoti in Lei fatto uomo,
Signore,
in estasi stette,
acclamando la Madre così:

Ave, per Te la gioia risplende;
Ave, per Te il dolore s'estingue.
Ave, salvezza di Adamo caduto;
Ave, riscatto del pianto di Eva.
Ave, Tu vetta sublime a umano intelletto;
Ave, Tu abisso profondo agli occhi degli Angeli.
Ave, in Te fu elevato il trono del Re;
Ave, Tu porti Colui che il tutto sostiene.
Ave, o stella che il Sole precorri;
Ave, o grembo del Dio che s'incarna.
Ave, per Te si rinnova il creato;
Ave, per Te il Creatore è bambino.
Ave, Sposa non sposata!

2. 
Ben sapeva Maria
d'esser Vergine sacra e così a Gabriele diceva:
«Il tuo singolare messaggio
all'anima mia incomprensibile appare:
da grembo di vergine
un parto predici, esclamando: Alleluia!»

3. 
Desiderava la Vergine
di capire il mistero
e al nunzio divino chiedeva:
«Potrà il verginale mio seno
mai dare alla luce un bambino?
Dimmelo!»
E Quegli riverente
acclamandola disse così:

Ave, Tu guida al superno consiglio;
Ave, Tu prova d'arcano mistero.
Ave, Tu il primo prodigio di Cristo;
Ave, compendio di sue verità.
Ave, o scala celeste
che scese l'Eterno;
Ave, o ponte che porti gli uomini al cielo.
Ave, dai cori degli Angeli cantato portento;
Ave, dall'orde dei dèmoni esecrato flagello.
Ave, la Luce ineffabile hai dato;
Ave, Tu il «modo» a nessuno hai svelato.
Ave, la scienza dei dotti trascendi;
Ave, al cuor dei credenti risplendi.
Ave, Sposa non sposata!

4. 
La Virtù dell'Altissimo
adombrò e rese Madre
la Vergine ignara di nozze:
quel seno, fecondo dall'alto,
divenne qual campo ubertoso per tutti,
che vogliono coglier salvezza 
cantando così: Alleluia!

5. 
Con in grembo il Signore
premurosa Maria
ascese e parlò a Elisabetta.
Il piccolo in seno alla madre
sentì il verginale saluto,
esultò,
e balzando di gioia
cantava alla Madre di Dio:

Ave, o tralcio di santo Germoglio;
Ave, o ramo di Frutto illibato.
Ave, coltivi il divino Cultore;
Ave, dai vita all'Autor della vita.
Ave, Tu campo che frutti ricchissime grazie;
Ave, Tu mensa che porti pienezza di doni.
Ave, un pascolo ameno Tu fai germogliare;
Ave, un pronto rifugio prepari ai fedeli.
Ave, di suppliche incenso gradito;
Ave, perdono soave del mondo.
Ave, clemenza di Dio verso l'uomo;
Ave, fiducia dell'uomo con Dio.
Ave, Vergine e Sposa!

6. 
Con il cuore in tumulto 
fra pensieri contrari
il savio Giuseppe ondeggiava:
tutt'ora mirandoti intatta 
sospetta segreti sponsali, o illibata!
Quando Madre ti seppe
da Spirito Santo, esclamò: Alleluia!

7. 
I pastori sentirono 
i concerti degli Angeli 
al Cristo disceso tra noi. 
Correndo a vedere il Pastore, 
lo mirano come agnellino innocente 
nutrirsi alla Vergine in seno, 
cui innalzano il canto: 

Ave, o Madre all'Agnello Pastore,
Ave, o recinto di gregge fedele.
Ave, difendi da fiere maligne,
Ave, Tu apri le porte del cielo.
Ave, per Te con la terra esultano i cieli,
Ave, per Te con i cieli tripudia la terra.
Ave, Tu sei degli Apostoli la voce perenne,
Ave, dei Martiri sei l'indomito ardire.
Ave, sostegno possente di fede,
Ave, vessillo splendente di grazia.
Ave, per Te fu spogliato l'inferno,
Ave, per Te ci vestimmo di gloria.
Ave, Vergine e Sposa!

8.
Osservando la stella
che guidava all'Eterno, 
ne seguirono i Magi il fulgore. 
Fu loro sicura lucerna 
andando a cercare il Possente, 
il Signore. 
Al Dio irraggiungibile giunti, 
l'acclaman beati: Alleluia!

9. 
Contemplarono i Magi 
sulle braccia materne 
l'Artefice sommo dell'uomo. 
Sapendo ch'Egli era il Signore 
pur sotto l'aspetto di servo, 
premurosi gli porsero i doni, 
dicendo alla Madre beata:

Ave, o Madre dell'Astro perenne,
Ave, o aurora di mistico giorno.
Ave, fucine d'errori Tu spegni,
Ave, splendendo conduci al Dio vero.
Ave, l'odioso tiranno sbalzasti dal trono,
Ave, Tu il Cristo ci doni clemente Signore.
Ave, sei Tu che riscatti dai riti crudeli,
Ave, sei Tu che ci salvi dall'opre di fuoco.
Ave, Tu il culto distruggi del fuoco,
Ave, Tu estingui la fiamma dei vizi.
Ave, Tu guida di scienza ai credenti,
Ave, Tu gioia di tutte le genti.
Ave, Vergine e Sposa!

 10. 
Banditori di Dio 
diventarono i Magi 
sulla via del ritorno. 
Compirono il tuo vaticinio 
e Te predicavano, o Cristo, 
a tutti, noncuranti d'Erode, 
lo stolto, incapace a cantare:
 Alleluia!

11. 
Irradiando all'Egitto 
lo splendore del vero, 
dell'errore scacciasti la tenebra: 
ché gli idoli allora, o Signore, 
fiaccati da forza divina caddero; 
e gli uomini, salvi, 
acclamavan la Madre di Dio:

Ave, riscossa del genere umano,
Ave, disfatta del regno d'inferno.
Ave, Tu inganno ed errore calpesti,
Ave, degl'idoli sveli la frode.
Ave, Tu mare che inghiotti il gran Faraone,
Ave, Tu roccia che effondi le Acque di Vita.
Ave, colonna di fuoco che guidi nel buio,
Ave, riparo del mondo più ampio che nube.
Ave, datrice di manna celeste,
Ave, ministra di sante delizie.
Ave, Tu mistica terra promessa,
Ave, sorgente di latte e di miele.
Ave, Vergine e Sposa!

 
12. 
Stava già per lasciare 
questo mondo fallace 
Simeone, ispirato vegliardo. 
Qual pargolo a lui fosti dato, 
ma in Te riconobbe il Signore perfetto, 
e ammirando stupito 
l'eterna sapienza esclamò:
 Alleluia!

13. 
Di natura le leggi 
innovò il Creatore, 
apparendo tra noi, suoi figlioli: 
fiorito da grembo di Vergine, 
lo serba qual era da sempre, inviolato: 
e noi che ammiriamo il prodigio 
cantiamo alla Santa:

Ave, o fiore di vita illibata,
Ave, corona di casto contegno.
Ave, Tu mostri la sorte futura,
Ave, Tu sveli la vita degli Angeli.
Ave, magnifica pianta che nutri i fedeli,
Ave, bell'albero ombroso che tutti ripari.
Ave, Tu in grembo portasti la Guida agli erranti,
Ave, Tu desti alla luce Chi affranca gli schiavi.
Ave, Tu supplica al Giudice giusto,
Ave, perdono per tutti i traviati.
Ave, Tu veste ai nudati di grazia,
Ave, Amore che vinci ogni brama.
Ave, Vergine e Sposa!

14. 
Tale parto ammirando, 
ci stacchiamo dal mondo 
e al cielo volgiamo la mente. 
Apparve per questo fra noi, 
in umili umane sembianze l'Altissimo, 
per condurre alla vetta 
coloro che lieti lo acclamano: 
Alleluia!

15. 
Era tutto qui in terra, 
e di sé tutti i cieli 
riempiva il Dio Verbo infinito: 
non già uno scambio di luoghi, 
ma un dolce abbassarsi di Dio verso l'uomo 
fu nascer da Vergine, 
Madre che tutti acclamiamo:

Ave, Tu sede di Dio, l'Infinito,
Ave, Tu porta di sacro mistero.
Ave, dottrina insicura per gli empi,
Ave, dei pii certissimo vanto.
Ave, o trono più santo del trono cherubico,
Ave, o seggio più bello del seggio serafico.
Ave, o tu che congiungi opposte grandezze,
Ave, Tu che sei in una e Vergine e Madre.
Ave, per Te fu rimessa la colpa,
Ave, per Te il paradiso fu aperto.
Ave, o chiave del regno di Cristo,
Ave, speranza di eterni tesori.
Ave, Vergine e Sposa!

16. 
Si stupirono gli Angeli 
per l'evento sublime 
della tua Incarnazione divina: 
ché il Dio inaccessibile a tutti 
vedevano fatto accessibile, uomo, 
dimorare fra noi 
e da ognuno sentirsi acclamare:Alleluia!

17. 
Gli oratori brillanti 
come pesci son muti 
per Te, Genitrice di Dio: 
del tutto incapaci di dire 
il modo in cui Vergine e Madre Tu sei. 
Ma noi che ammiriamo il mistero 
cantiamo con fede:

Ave, sacrario d'eterna Sapienza,
Ave, tesoro di sua Provvidenza.
Ave, Tu i dotti riveli ignoranti,
Ave, Tu ai retori imponi il silenzio.
Ave, per Te sono stolti sottili dottori,
Ave, per Te vengon meno autori di miti.
Ave, di tutti i sofisti disgreghi le trame,
Ave, Tu dei Pescatori riempi le reti.
Ave, ci innalzi da fonda ignoranza,
Ave, per tutti sei faro di scienza.
Ave, Tu barca di chi ama salvarsi,
Ave, Tu porto a chi salpa alla Vita.
Ave, Vergine e Sposa!

18. 
Per salvare il creato, 
il Signore del mondo, 
volentieri discese quaggiù. 
Qual Dio era nostro Pastore, 
ma volle apparire tra noi come Agnello: 
con l'umano attraeva gli umani, 
qual Dio l'acclamiamo: 
Alleluia!

19. 
Tu difesa di vergini, 
Madre Vergine sei, 
e di quanti ricorrono a Te: 
che tale ti fece il Signore 
di tutta la terra e del cielo, o illibata, 
abitando il tuo grembo 
e invitando noi tutti a cantare:

Ave, colonna di sacra purezza,
Ave, Tu porta d'eterna salvezza.
Ave, inizio di nuova progenie,
Ave, datrice di beni divini.
Ave, Tu vita hai ridato ai nati nell'onta,
Ave, hai reso saggezza ai privi di senno.
Ave, o Tu che annientasti il gran seduttore,
Ave, o Tu che dei casti ci doni l'autore.
Ave, Tu grembo di nozze divine,
Ave, che unisci i fedeli al Signore.
Ave, di vergini alma nutrice,
Ave, che l'anime porti allo Sposo.

Ave, Vergine e Sposa!
 

20. 
Cede invero ogni canto 
che presuma eguagliare 
le tue innumerevoli grazie. 
Se pure ti offrissimo inni 
per quanti granelli di sabbia, Signore, 
mai pari saremmo ai tuoi doni 
che desti a chi canta: 
Alleluia!

21. 
Come fiaccola ardente 
per che giace nell'ombre 
contempliamo la Vergine santa, 
che accese la luce divina 
e guida alla scienza di Dio tutti, 
splendendo alle menti 
e da ognuno è lodata col canto:

Ave, o raggio di Sole divino,
Ave, o fascio di Luce perenne.
Ave, rischiari qual lampo le menti,
Ave, qual tuono i nemici spaventi.
Ave, per noi sei la fonte dei sacri Misteri,
Ave, Tu sei la sorgente dell'Acque abbondanti.
Ave, in Te raffiguri l'antica piscina,
Ave, le macchie detergi dei nostri peccati.
Ave, o fonte che l'anime mondi,
Ave, o coppa che versi letizia.
Ave, o fragranza del crisma di Cristo,
Ave, Tu vita del sacro banchetto.
Ave, Vergine e Sposa!

22.
 Condonare volendo 
ogni debito antico, 
fra noi, il Redentore dell'uomo 
discese e abitò di persona: 
fra noi che avevamo perduto la grazia. 
Distrusse lo scritto del debito, 
e tutti l'acclamano:
Alleluia!

23. 
Inneggiando al tuo parto 
l'universo ti canta 
qual tempio vivente, o Regina! 
Ponendo in tuo grembo dimora 
Chi tutto in sua mano contiene, il Signore, 
tutta santa ti fece e gloriosa 
e ci insegna a lodarti:

Ave, o «tenda» del Verbo di Dio,
Ave, più grande del «Santo dei Santi».
Ave, Tu «Arca» da Spirito aurata,
Ave, «tesoro» inesausto di vita.
Ave, diadema prezioso dei santi sovrani,
Ave, dei pii sacerdoti Tu nobile vanto.
Ave, Tu sei per la Chiesa qual torre possente,
Ave, Tu sei per l'Impero qual forte muraglia.
Ave, per Te innalziamo trofei,
Ave, per Te cadon vinti i nemici.
Ave, Tu farmaco delle mie membra,
Ave, salvezza dell'anima mia.

Ave,Vergine e Sposa!

24. 
Grande ed inclita Madre,
Genitrice del sommo fra i Santi,
Santissimo Verbo,
or degnati accogliere il canto!
Preservaci da ogni sventura, tutti!
Dal castigo che incombe
Tu libera noi che gridiamo:
Alleluia!




Questa versione dell'inno Akathistos è la mia preferita!



lunedì 27 giugno 2016

Il complesso di superiorità



Popolo sovrano solo se vota come piace a "lorsignori"

di Robi Ronza   -   27-06-2016

www.lanuovabq.it


«Il popolo è  sovrano se vota “come deve”»:  così s’intitolava ieri su Il Sole 24 Ore un sorprendente intervento in prima pagina di Luca Ricolfi. Fondatore nel 2002 a Torino dell’Osservatorio del Nord Ovest (un istituto di ricerca che conduce rilevazioni sugli atteggiamenti della gente comune riguardo a economia, società, cultura e politica), Ricolfi è un sociologo di sinistra, ma non di rado sanamente critico anche nei confronti dell’area politico-culturale in cui si riconosce. 

Commentando il comune sentire di questi giorni a Torino, la città dove è nato e dove vive, Ricolfi nota come la sconfitta di Piero Fassino alle elezioni comunali e l’esito del recente referendum popolare in Gran Bretagna abbiano dato spunto negli ambienti della sinistra torinese a quella che egli chiama una diffusa «animosità contro il suffragio universale». Gli stessi «che parlano con sufficienza, talvolta con ”disprezzo”,  - osserva il sociologo - , del popolo che vota Cinque Stelle o sceglie Brexit, sono prontissimi a lodarne la saggezza, la maturità democratica, la lungimiranza quando il popolo vota nel modo giusto. Gli stessi che invocano a ogni occasione la necessità di passare dalla fredda Europa dei tecnocrati, autoritaria e burocratica, alla calda Europa dei popoli, luminosa e democratica, immancabilmente si spaventano non appena, con un referendum, ai popoli viene concesso di dire la loro su qualcosa di importante».  C’è insomma qualcosa che non torna sul piano della logica. «E questo qualcosa, ho l’impressione», conclude Ricolfi, «ha a che fare proprio con il concetto di popolo». E anche, aggiungeremmo noi, con l’idea stessa di democrazia. 

Tutto questo vale in effetti non solo per Torino, spunto immediato delle sue osservazioni, ma per tutta l’Italia se non per tutta l’Europa. Al venir meno dei consensi proprio nel mondo di cui pretendeva di essere il rappresentante privilegiato, ovunque la sinistra reagisce mostrando il bastone: «la sinistra dice di amare il popolo, ma il popolo non ama più la sinistra. I ceti alti e medi prediligono la sinistra che però dice (o finge?) di rappresentare i ceti bassi», osserva Ricolfi. Su un giornale come Il Sole 24 Ore non si poteva pretendere che il sociologo facesse anche l’esempio delle affermazioni apertamente neo-autoritarie cui si sono lasciati andare al riguardo personaggi come l’ex-presidente della Repubblica Giorgio Napoletano o Mario Monti, sua creatura politica. 

A questo però nel nostro piccolo già l’altro ieri avevamo provveduto noi (clicca qui).  La cosa tuttavia non riguarda la sola Italia, né soltanto personalità di primo piano. É significativa la petizione lanciata in Gran Bretagna perché si ripeta il referendum, (cioè: il risultato del voto non ci piace, ripetiamolo per cambiarlo) benché il primo ministro Cameron avesse già in precedenza affermato che ciò è da escludere. Rispetto al numero di coloro che avevano votato “No” alla Brexit  i tre milioni e cento mila firme sin qui raccolte con un appello via Internet non sono poi gran cosa. Tuttavia, sono sintomatiche di quel comune sentire degli ambienti di sinistra di cui si diceva. Per ambienti come questi, che comunque vanno anche al di là di tale area, il voto, la democrazia è solo una tecnica di organizzazione del consenso.  Non si interpella il popolo per sapere quale sia la sua volontà. Lo si interpella perché approvi ciò che il potere vuole.

Un altro elemento sul quale sarebbe interessante che commentatori autorevoli e non prevenuti si soffermassero è lo schieramento pancia a terra per il “no” alla Brexit di tutti o quasi i grandi mass media (cioè: tutti i maggiori mass-media sono schierati per accreditare presso l'opinione pubblica solo l'esito desiderato dal "potere"). La vicenda ha di nuovo confermato che il grosso del sistema massmediatico internazionale si pone ormai come “cinghia di trasmissione” (per dirla con le parole di Lenin) delle decisioni di "lorsignori". La stampa italiana è ahimè ai primi posti di tale sconfortante graduatoria. Ciò che tuttavia ci deve preoccupare di più non sono in effetti le difficoltà del momento quanto piuttosto la mancanza di visione del ceto politico, sia di governo che di opposizione. Non si può reagire alla crisi con degli aggiustamenti. Se si vuole che l’Unione Europea non si sfasci occorre rifondarla, consegnando alla storia non solo gli attuali trattati ma prima ancora la filosofia politica elitaria, anti-democratica e tecnocratica su cui si fonda. Non basta andare a Bruxelles, e prima ancora a Berlino, a proporre novità di agenda ma senza discutere sulla struttura dell’Unione e sulla sua filosofia.

Di fronte all’entità della sfida nulla di adeguato invece viene dal centro-sinistra al governo, ma nemmeno dall’opposizione. Con il suo tipico impasto di buone intenzioni di generica matrice cattolica da un lato e dall’altro di una visione del mondo del tutto subalterna alla cultura  post-giacobina, il premier Matteo Renzi brandisce adesso come grande motore della riforma dell’Ue nientemeno che il manifesto scritto a Ventotene da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e altri ispirandosi alla filosofia di Kant: ossia al primo seme della crisi odierna. In realtà o si riprende la strada delle origini, quella della libertà  e non della tecnocrazia, quella della storia comune e dei suoi valori prima che degli interessi, quella insomma di Adenauer, di Schuman e di De Gasperi, o si continuerà a procedere verso il baratro.


Questo articolo di Robi Ronza commenta a sua volta un articolo di Luca Ricolfi sociologo, dichiaratamente di sinistra, che qualche anno fa scrisse un libro intitolato: "Perché siamo antipatici", in cui analizzava il sentimento di superiorità morale e antropologica della sinistra italiana definendolo "Razzismo Etico" (definizione che Ricolfi dichiarava aver ripreso da Marcello Veneziani); che cosa intendeva per razzismo etico? sostanzialmente quattro difetti peculiari della forma mentis della sinistra italiana:

1) L'abuso di schemi secondari. Quelle che Karl Popper chiamava ipotesi ad hoc, le scappatoie contro l'evidenza empirica. Le "scuse", insomma, con cui giustificare i fallimenti delle proprie ideologie dinanzi agli altri e - soprattutto - a se stessi. A destra «non esiste e non è mai esistito nulla di paragonabile all'immenso sforzo della cultura marxista di occultare i fatti - povertà, lavori forzati, repressione del dissenso - e di edulcorare le evidenze storiche dissonanti, dall'Unione sovietica alla Cina e a Cuba».
2) La paura delle parole. Una malattia nata negli anni Settanta negli Stati Uniti, dai movimenti di contestazione, che oggi impone agli individui di non parlare come vogliono. Detta altrimenti, la dittatura del politicamente corretto. Quella per cui i ciechi prima sono diventati non vedenti, quindi otticamente svantaggiati, senza che la loro vista nel frattempo migliorasse. Dittatura che ha condannato a morte parole di per sé innocenti, come vecchio (anziano), donna di servizio (colf), negro (afroamericano), spazzino (operatore ecologico). Così facendo, però, nota Ricolfi, la sinistra si è messa contro il senso comune della gente, che almeno in privato continua a chiamare le cose con il loro nome "vero": cieco, vecchio, spazzino... Senso comune che invece Berlusconi, con il suo linguaggio diretto, sa interpretare benissimo, erede in questo di altri grandi "irriverenti" come Sandro Pertini, Francesco Cossiga e Giovanni Paolo II.
3) Il linguaggio codificato. Vuol dire che quando quelli di sinistra parlano o annunciano i loro programmi la gente comune non ci capisce una mazza. Usano un linguaggio «legnoso, infarcito di formule astratte». Berlusconi, piaccia o non piaccia, usa le parole per spiegare concetti; la sinistra usa le parole per nasconderli. A chi? Ai suoi stessi esponenti: «Il problema della sinistra è che il suo discorso è indicibile, perché se fosse detto farebbe saltare l'alleanza. [...] Non è il nemico che non deve capire, ma sono "i nostri" che non devono ricevere segnali precisi. Se tali segnali venissero emessi, addio Ulivo, addio Fed, addio Gad, addio Unione, addio "unità delle forze produttive"». Insomma, sono costretti a non dirsi la verità a vicenda. Il giorno in cui ognuno a sinistra dovesse dire quello che vuole fare veramente una volta al governo (sulle tasse, le pensioni, la spesa pubblica etc) l'alleanza finirebbe.
4) Il complesso di superiorità etica. Ovvero la forma di razzismo di cui sopra. Bandiera di Micromega, rivista che rifiuta il concetto di scontro di civiltà con Islam, ma non si fa scrupoli di applicarlo al conflitto tra "le due Italie": quella dei "giusti" contro l'Italia della barbarie. A sinistra c'è una casistica sterminata in materia. Il migliore esempio è l'appello pubblicato da Umberto Eco su Repubblica prima del voto del 13 maggio 2001, nel quale l'elettorato di centrodestra è diviso in due. Dell'Elettorato Motivato fanno parte «il leghista delirante», «l'ex fascista», quelli che, «avendo avuto contenziosi con la magistratura, vedono nel Polo un’alleanza che porrà freno all’indipendenza dei pubblici ministeri». Sono «coloro che aderiscono al Polo per effettiva convinzione» e non cambieranno mai idea. Il resto degli elettori di centrodestra fanno parte dell'Elettorato Affascinato, composto per Eco da «chi non ha un’opinione politica definita, ma ha fondato il proprio sistema di valori sull’educazione strisciante impartita da decenni dalle televisioni, e non solo da quelle di Berlusconi. Per costoro valgono ideali di benessere materiale e una visione mitica della vita, non dissimile da quella di coloro che chiameremo genericamente i Migranti Albanesi». Un elettorato che, ovviamente, «legge pochi quotidiani e pochissimi libri», persone che «salendo in treno comperano indifferentemente una rivista di destra o di sinistra purché ci sia un sedere in copertina». Delinquenti e gente in malafede, dunque, assieme a poveri ignoranti cresciuti a pane, calcio e telenovelas. Gente che nella democrazia di Eco non pare avere diritto di piena cittadinanza, ma solo uno status di appartenenza inferiore.  Il punto è che non sono solo gli Umberto Eco, i Paolo Flores D'Arcais e gli Eugenio Scalfari (un nome, quest'ultimo, che purtroppo nel libro manca) a credersi espressione dell'Italia moralmente migliore che cerca di salvare il Paese dai delinquenti e dagli ignoranti. E' la base stessa, o almeno la gran parte più ideologizzata di essa, che la pensa così. Il libro cita un sondaggio realizzato dall'Osservatorio del Nord Ovest. Il 34% dell'elettorato di sinistra si sente "moralmente superiore", ma la percentuale «sale al 55,9% fra gli elettori di sinistra politicamente impegnati». Un abisso con la destra, dove questo sentimento di superiorità, altrimenti detto razzismo etico, è pari appena all'8,9% e non supera il 13,8% tra gli "impegnati". Anche in questo, dunque, c'è meno razzismo a destra che a sinistra.    (Fausto Carioti)

Quindi: la democrazia vale solo se il popolo vota e accetta quanto "loro" i democratici duri e puri hanno stabilito nel chiuso delle loro conventicole, se il popolo manifesta opinioni diverse, come ultimamente sempre più  accade, ecco che il popolo (la maggioranza?) diventa populista, qualunquista, (argh-bleah-burp) addirittura... fascista. Complimenti.




sabato 25 giugno 2016

Ancora sui sacerdoti coraggiosi e perseguitati




Qualche giorno fa, i mass-media mainstream hanno confezionato un "caso" succoso e pruriginoso dalle parole di un sacerdote sardo, che in una omelia citava S. Paolo (la lettera ai romani, che in questi tempi che viviamo sembra che sarà stralciata dal Nuovo Testamento), ne è nato appunto un caso mediatico che di seguito riporto inanellando cronologicamente i link: parto dalla NBQ con il suo pezzo intitolato: Se il mostro è un prete contrario alle unioni gay , come dicevo, i maggiori giornaloni si sono gettati a capofitto (vedi qui - vedi qui) anche se lo stesso don Massimiliano Pusceddu (si, lui il reo di omofobia e incitamento alla violenza) ha spiegato il senso delle sue parole nella trasmissione radiofonica La zanzara , poi però, il caso non si è sgonfiato grazie (???) all'intervento dello stesso vescovo di Cagliari che... ma a questo punto devo riportare in modo esaustivo l'articolo per capirci meglio:

Se un vescovo mette un suo prete alla gogna

di Riccardo Cascioli  -  24 giugno 2016

www.lanuovabq.it

Divieto a tempo indeterminato di predicare e di prendere posizioni pubbliche; chiusura del canale You Tube con le sue omelie; sconfessione pubblica del sacerdote e scuse del vescovo a tutto il mondo gay. Sono queste in sintesi le misure prese dall’arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio, nei confronti di don Massimiliano Pusceddu, il sacerdote reo di aver duramente criticato in una omelia le unioni civili e avere citato San Paolo per denunciare l’omosessualismo dilagante. Dell’omelia di don Pusceddu e del linciaggio mediatico a cui è stato sottoposto abbiamo riferito alcuni giorni fa (clicca qui).  Una cagnara indegna nata da una voluta distorsione delle parole del sacerdote: aveva citato il brano della lettera di San Paolo ai Romani che, dopo una lunga intemerata contro chi lascia andare a passioni omosessuali,  conclude dicendo: «E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa». Ma i giornali hanno rilanciato affermando che don Massimiliano ha detto che «i gay devono morire». Da qui il crescendo di polemiche, culminate in una denuncia contro il prete e la raccolta firme per una petizione in cui si chiede la sua rimozione addirittura al Papa. Un gruppetto di Lgbt – provenienti da altre parti d’Italia - ha anche pensato bene di fare un picchetto davanti alla chiesa di Decimopotzu domenica scorsa.  Dopo qualche giorno di riflessione, l’arcivescovo ha dunque deciso di intervenire: per difendere il proprio sacerdote? Per difendere la Chiesa da attacchi pretestuosi? Per reclamare il diritto dei cattolici di leggere e meditare la Parola di Dio? Neanche per idea: il lungo comunicato (clicca qui) attacca direttamente don Pusceddu, reo di aver «falsato il pensiero di San Paolo», e chiede «scusa a nome mio e della nostra chiesa diocesana», Oltre all’annuncio delle sanzioni disciplinari di cui sopra.  È davvero triste lo spettacolo di un vescovo che corre a inginocchiarsi davanti al “padrone del mondo”, ovviamente nel nome della misericordia e del rispetto verso tutte le persone. Dice monsignor Miglio che San Paolo «nella stessa Lettera (c. 5 e 8), proclama senza ombre la Misericordia di Dio», come se ciò fosse in contrasto con la citazione fatta da don Massimiliano. In realtà proprio la misericordia presuppone la denuncia del peccato, tanto è vero che “ammonire i peccatori” è un’opera di misericordia spirituale, se ancora il vecchio Catechismo è in vigore.   Fare finta che il peccato non esista, o non conti, rende inutile anche la misericordia: tanto più oggi che si confonde il male con il bene e tutto sembra lecito, per aprire la strada alla misericordia è importante indicare con chiarezza dove stanno male e bene. Casualmente proprio oggi la Chiesa celebra la solennità della nascita di san Giovanni Battista, che finì con la testa mozzata per aver ammonito pubblicamente il re Erode riguardo al suo rapporto peccaminoso con Erodiade. C’è da chiedersi se oggi non sarebbe stato silenziato prima da qualche vescovo.  Ma tornando a San Paolo, proprio i capitoli citati da monsignor Miglio per dimostrare l’errore di don Massimiliano, dimostrano esattamente il contrario. Se il capitolo 5 ci dice che «laddove è abbondato il peccato, sovrabbonda la grazia» (la grazia presuppone il peccato), nel capitolo 8 San Paolo ci dice che «non c’è più nessuna condanna», ma «per quelli che sono in Cristo Gesù». Insomma San Paolo chiede la conversione, coerentemente con la dura reprimenda del capitolo 1 contro chi si lascia andare a comportamenti depravati. Dice ancora nel capitolo 8: «Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio».  Aldilà dell’interpretazione di San Paolo, però, la cosa che più amareggia e sconcerta è questo modo in cui un vescovo abbandona un proprio prete nelle mani di chi lo vuole eliminare in nome dell’ideologia che domina il mondo. Si tratta di episodi che purtroppo diventano sempre più ricorrenti, e che suonano come intimidazione per i sacerdoti che volessero seguire e annunciare l’insegnamento tradizionale della Chiesa. Al contrario infatti, preti che da decenni diffondono eresie dal pulpito e si rendono protagonisti di episodi discutibili, e per questo diventano beniamini dei media, proseguono indisturbati le loro attività pubbliche.  Ma non si vuole qui ridurre la gravità del fatto a considerazioni che potrebbero suonare ideologiche. Il punto è che il vescovo dovrebbe essere come un padre anzitutto nei confronti dei suoi sacerdoti: e quale padre esporrebbe suo figlio al pubblico ludibrio, anche se avesse commesso un errore? Quando un vescovo abbandona così un prete, è tutta la Chiesa che diventa insicura per i fedeli. Peraltro, colpendo don Massimiliano, monsignor Miglio ha colpito direttamente anche il movimento da lui fondato, gli Apostoli di Maria, ormai diffuso in tutta Italia e altrove nel mondo, il cui carisma consiste nella diffusione della preghiera del rosario nelle famiglie (vedi la testimonianza linkata).  Un’ultima nota: il comunicato del vescovo è arrivato alla vigilia del “Sardegna Gay Pride” che si svolgerà domani a Cagliari. Diventa difficile non pensare che si sia sacrificato un prete sperando nel quieto vivere o nella gratitudine dei partecipanti. Ma vale la pena dare un’occhiata allo spot che promuove questo gay pride, che coinvolge anche un ragazzino, per capire meglio a chi ci si sta sottomettendo (clicca qui).

Che dire? se aggiungiamo a questo caso quello dell’arcivescovo di Valencia Antonio Cañizares, anche lui reo di aver pronunciato pochi giorni fa, una omelia non politically correct, ecco che ci ritroviamo a meditare molto seriamente sulla libertà religiosa che "il potere" laico laicissimo anzi laicista, ma aggiungo totalitario (ne ho parlato qui - ma anche qui) vuole distruggere, e la libertà religiosa è bene intenderci è quella Cristiana, Lei sola da fastidio al "potere" citato prima, in quanto, solo il Cristianesimo e la sua Chiesa si ergono a difesa dell'uomo, della persona, mentre questo "potere", questi signori anzi "lorsignori" vogliono togliere alll'uomo tutta la dignità di essere "persona" per ridurlo servo, schiavo, consumatore, cioè un numero.


martedì 21 giugno 2016

Il Nuovo Ordine Mondiale dell'ONU








di Tommaso Scandroglio  -  21 giugno 2016

www.lanuovabq.it

Il 17 giugno scorso il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha discusso una relazione del Gruppo di lavoro sulla discriminazione delle donne datata 18 aprile 2016. Il Consiglio ha espresso apprezzamento per il lavoro svolto ed ha posto un paio di domande al Gruppo di lavoro su alcuni aspetti che, per quanto a noi interessa, appaiono marginali. Vediamo invece il contenuto di questa relazione, la quale è stata implicitamente accettata dal Consiglio dato che questo, nelle domande rivolte al Gruppo, non ha sollevato nessuna obiezione in merito agli aspetti più macroscopici che andremo qui ad illustrare seppur in modo sintetico. La relazione da una parte stigmatizza giustamente certe pratiche non lecite (infibulazione, matrimoni combinati, violenza domestica, ecc.), ma dall’altro approva e mira a diffondere in tutti gli Stati membri omosessualità, transessualità, aborto e contraccezione, tutte cose la cui disanima da parte del Gruppo di lavoro occupa tre quarti del report. Per prima cosa il Gruppo di lavoro dà una definizione di «strumentalizzare il corpo delle donne». Strumentalizzare significa «assoggettare le funzioni biologiche delle donne ad un indirizzo politico di carattere patriarcale», cioè – si spiega nel report – perpetuare certe pratiche e idee che vedono le donne subordinate agli uomini e che le considerano in modo stereotipato soprattutto a partire dal loro ruolo di madre. Subito dopo si illustra meglio quale è il percorso per uscire da questa visione “patriarcale” del ruolo della donna: riconoscerle i diritti alla salute sessuale e riproduttiva, espressione che per gli organismi internazionali significa contraccezione, sterilizzazione e aborto. Questa è la «chiave per la salute della donna», tiene a precisare il report – altro che lotta ai tumori e alla malattie cardiovascolari - il quale report aggiunge che tali «diritti» abortivi sono ormai sanciti da molti documenti internazionali. Gli Stati membri, continua il documento di lavoro, devono garantire non solo questi diritti riproduttivi, ma anche quelli inerenti alla pianificazione familiare, all’autodeterminazione della donna sul proprio corpo e alla privacy (altre espressioni per indicare aborto, contraccezione ecc.). In particolare si auspica di rendere disponibili le metodiche contraccettive a 225 milioni di donne in tutto il mondo, metodiche attualmente a loro non accessibili, e si invitano tutti gli Stati a «consentire alle ragazze e alla adolescenti incinte di interrompere le gravidanze indesiderate [...] in modo che possano terminare la loro formazione scolastica». L’aborto per fini educativi, in buona sostanzaSi specifica poi – tramite una circonlocuzione volutamente un po’ fumosa – che sanzionare penalmente l’aborto è «privare le donne di autonomia decisionale», così come permettere al padre di dire la propria nel processo abortivo e al medico di obiettare. Più nel dettaglio si spiega che «sanzionare l’interruzione di gravidanza è uno dei modi più dannosi di strumentalizzare e politicizzare il corpo e la vita delle donne» perché si vuole solo «salvaguardare la loro funzione di agenti riproduttivi». Senza poi contare – continua la relazione – che criminalizzare l’aborto comporta una sua maggiore diffusione, menzogna bella e buona smentita da molti studi. Inoltre, «in alcune situazioni, l'incapacità di tutelare i diritti delle donne alla salute e alla sicurezza personale può costituire un trattamento crudele, inumano o degradante o configurare tortura». Tradotto: non permettere alle donne di abortire significa torturarleÉ ciò che il Consiglio dei Diritti Umani ha affermato all’inizio di giugno in merito ad una vertenza giudiziaria intercorsa tra una cittadina irlandese, costretta ad espatriare per abortire, e il governo irlandese le cui leggi, non permettendo di abortire sempre e comunque, appaiono all’ONU come disumane e degradanti (clicca qui). Le donne, continua il documento, vengono anche discriminate a motivo del loro orientamento sessuale e della loro “identità di genere” e spesso tale atteggiamento discriminatorio trova fondamento in alcuni principi morali o religiosi. Il report, ovviamente, stigmatizza quelle tesi scientifiche che considerano l’omosessualità e la volontà di “cambiare sesso” come sintomi di disturbi della persona. Va da sé che il Gruppo di lavoro invita tutti gli Stati membri a introdurre la teoria del gender e l’insegnamento delle pratiche contraccettive e abortive in tutte le scuole di ogni ordine e gradoL’autonomia delle donne è violata anche nel caso in cui l’ordinamento giuridico di uno Stato si permetta di sanzionare la prostituzione, perché la donna deve essere lasciata libera di decidere sul proprio corpo così come più le aggrada. Nella discussione del 17 giugno la dottoressa Frances Raday, membro del Gruppo di lavoro, si è spinta a dire che «sanzionare la prostituzione [...] è contrario al diritto internazionale in merito ai diritti umani». Anzi la relazione suggerisce che le forze dell’ordine debbano tutelare queste lavoratrici nei modi più efficaci possibili. Infine, per completare il quadro del politicamente corretto, si dichiara che i cambiamenti climatici possono ledere la salute delle donne. Non bisogna quindi ricorrere a scenari complottistici per comprendere appieno l’espressione “nuovo ordine mondiale”. Questo è il nuovo (dis)ordine mondiale voluto dall’Onu: aborto, contraccezione, omosessualità, teoria del gender, prostituzione diffusi capillarmente in tutti i cinque continenti. 

Un breve commento:

Ehh sì: Motus in fine velocior. Questa espressione aristotelica, con cui si usa indicare l’intensificarsi di un’azione verso la sua fine, rende perfettamente l’idea di ciò che sta avvenendo nell’attuale fase di decadimento della nostra società, e della crescente deriva cristianofobica. Assistiamo, infatti, ad un’accelerazione finale della parabola discendente che non può non preoccupare. Motus in fine velocior, è quanto si ripromettono "lorsignori" (ne ho parlato qui), lo fanno da lunghissimo tempo con pazienza e determinazione, usano la "tattica della fetta di salame" (ideata da Matyas Ràkosi nel 1947), che è un metodo per procedere step by step, secondo questo metodo si modifica la morale, il modo di pensare di tutta una Società con leggi che non sarebbero mai accettate dal corpo sociale (=il popolo) in modo immediato, diretto e brutale; al raggiungimento dello scopo "lorsignori" (hanno tanti nomi: questo, questo, questo, ecc.) ci arrivano appunto subdolamente in vari passaggi o "fette di salame" ognuna delle quali è una tappa che non viene percepita come un pericolo; "lorsignori", fetta dopo fetta hanno accumulato tutto quel "potere" che gli permette di stravolgere le nostre vite, crediamo di essere liberi ma siamo ormai schiavi e il bello [...] è che nemmeno ce ne accorgiamo.